
di Stefano Zangrando, docente, traduttore e autore
Non sono molte, fra i pre-eventi del Dolomiti Pride che si terrà sabato 3 giugno a Trento, le iniziative a Rovereto. Fra queste, si è tenuto ieri sera allo Smart Lab un incontro promosso da Arcigay del Trentino e Nuovo Cineforum Rovereto dedicato ad Andrea Alimonta (1950-2011), artista poliedrico e indimenticato esponente locale del travestimento drag.
Prima che tutto iniziasse, l’antropologo e scrittore Duccio Canestrini, che di Alimonta era amico, me ne ha subito decantato il temperamento allegro, vitale e contagioso, ricordando le serate passate ad accompagnarlo alla chitarra. Le premesse erano dunque invitanti, e le urgenze anche: Shamar Droghetti, presidente di Arcigay Trentino, ha sottolineato in apertura l’importanza di valorizzare la cultura drag in un periodo in cui i rigurgiti omofobi premono da ogni latitudine (si sono ricordate le recenti crociate contro le drag in alcuni stati degli USA). Ha poi condotto l’incontro Osvaldo Maffei, che si è occupato del lascito di Alimonta, conversando con Matteo Bombardelli, nipote dell’artista, Francesca Maffei, l’amica che di Andrea ha dipinto anche un ritratto, e Matteo Zadra del Nuovo Cineforum Rovereto.
Andrea Alimonta, che era nato a Ponte Arche ma cresciuto a Rovereto, lavorava in largo Posta negli anni in cui si andava diffondendo fuori dai circuiti undegroung un’estetica che fondeva camp e trasgressione di genere. E lui, che fuori dagli uffici postali era un poliartista e una persona vicina alle occasioni ricreative del territorio, fu tra i pochissimi che quell’estetica ebbero il coraggio di praticarla nella provincia trentina – tutt’altro che una roccaforte progressista. La casa di Alimonta, in via Dante, era un “un esempio concreto di accoglienza” e un ricettacolo di diversità. Osvaldo Maffei mostra poi una sua opera, un piccolo quadro realizzato sul retro di un portaoggetti a scomparti: rappresenta, su sfondo blu, una busta bianca con tre pallini rossi, uno al centro, due alle estremità superiori. In alto a sinistra, il titolo in corsivo chiaro: “La lettera mai spedita”.
“Questa lettera contiene il mistero di tutti noi”, dice Maffei prima di posare il quadro a lato degli amici e testimoni, sotto uno schermo che proietta in loop diversi ritratti fotografici di Alimonta “en travesti” e non. Il nipote, Matteo, ricorda allora come per lui e la sua famiglia lo zio Andrea fosse “il maestro”; ed è l’uomo che gli ha sempre ricordato come il mondo non finisse dove finiva il suo, che c’era un’altra realtà, e che la si poteva coltivare seguendo il consiglio dello zio: quello di preservare sempre il lato fanciullesco, artistico e giocoso dell’esistenza.
Che poi Andrea amasse travestirsi, non è detto fosse chiaro a molti: Matteo Zadra ricorda di aver fiutato qualcosa, insieme con gli altri soci del Cineforum, solo quando Alimonta diede il proprio indirizzo e-mail per l’iscrizione alla newsletter, che iniziava con “sheilalanotte@”. Francesca Maffei, dal canto suo, che una trentina d’anni fa gestiva il bar di Rovereto che ne avrebbe ospitato gli spettacoli, fu talmente colpita da Andrea e gli si affezionò a tal punto da sperare “di invecchiare con lui”. “Aveva dentro un tale senso di libertà”, ricorda, “che non aveva bisogno di affermarsi”.
Toccanti i ricordi più personali, come quando, in una notte di stelle cadenti a casa di Francesca, contemplando il cielo nella quiete amicale, Andrea di punto in bianco intonò con molta grazia “Quel che si dice” di Charles Aznavour, una canzone dal testo fin troppo vicino alla sua stessa vita. Osvaldo Maffei scherza invece su come Alimonta recalcitrasse all’idea di andare nel bosco con lui, l’amico loquace: “Perché non mi lasci sentire il rumore delle foglie che cadono”, diceva Andrea. E quando poi, attirato davanti al microfono dall’ennesimo ammiccamento del moderatore, interviene anche l’ex-compagno Giacomo Sega, street artist e costumista, di Andrea si rievocano la stazza – “Era complicato vestirlo, era un gran pezzo d’uomo” – o la prontezza di riflessi nel prendere la fuga dopo aver invaso con l’auto un giardino alla periferia di Praga.
Il punto sui cui tutti concordano è che Andrea era un magnete naturale di incontri, accadimenti e avventure: con lui poteva succedere l’impossibile. E quando, prima di mostrare i brevi video di un Alimonta truccato da sposa o da diva, ascoltiamo i versi da lui scritti – il titolo della raccolta, “Di lontana marea”, è un anagramma del suo nome – letti ad alta voce dall’amico Alessio Cogoi, il raccoglimento è altrettanto unanime. La lirica di Alimonta canta la bellezza, ricorda un po’ Sandro Penna e Umberto Saba, è colma di laica letizia, e un verso dice: “Mai sarò pronto a dirti addio”.
In chiusura l’annuncio: durante “Osvaldo”, la manifestazione culturale organizzata dal Nuovo Cineforum Rovereto dal 27 giugno al 1° luglio nel quartiere di Santa Maria, uno spazio ospiterà un’installazione video dedicata ad Andrea Alimonta: perché di addio non se ne parli proprio, prolungando invece la presenza, nella memoria del territorio, di uno dei cittadini più liberi ed estrosi che Rovereto abbia avuto.