Trentino e Alto Adige “sorelle diverse” nel sostegno alla letteratura


di Stefano Zangrando, docente, traduttore e autore
Trentino e Alto Adige saranno anche provincie sorelle per destino storico e carattere territoriale, ma sul piano del sostegno alla letteratura non potrebbero essere più diverse. Non sto parlando di “grandi eventi” quali il Trentino Book Festival o delle iniziative ad alta visibilità organizzate in forma congiunta o (per lo più) separatamente dagli assessorati alla cultura tedesco, italiano e ladino in Alto Adige. Né del sostegno alla lettura che viene dal buon funzionamento delle biblioteche. Sto parlando di una visione generale: del modo che ha una comunità di intendere il valore e la funzione sociale dell’arte verbale e di chi la fa. È una diversità di concezione che traccia un confine più netto che in altri ambiti tra mondo italiano e tedesco.
In molti anni di attività a sud e a nord della chiusa di Salorno, che è anche il principale confine linguistico tra le due provincie, ho potuto ravvisare una costante: in Alto Adige la maggior parte degli interventi pubblici di scrittrici e scrittori (presentazioni istituzionali, moderazioni, lezioni) viene retribuita, mentre in Trentino, come nel resto d’Italia, la maggior parte non lo è o lo è molto poco. In Alto Adige l’onorario è variabile, ma non scende mai sotto i cento, centocinquanta euro a intervento. L'Unione Autrici e Autori Sudtirolo, di cui faccio parte, ha tra i suoi compiti sindacali quello di garantire a ogni suo membro un onorario minimo per le letture pubbliche di trecento euro lordi – che è comunque al di sotto degli onorari normalmente riconosciuti in Austria o in Germania.
Il punto è questo: se una società ritiene che i suoi scrittori abbiano un valore e una funzione, e sa che finché scrivono nel chiuso del loro studio non guadagnano nulla, è giusto che accordi un riconoscimento economico al loro lavoro nel momento in cui viene reso pubblico. Così almeno funziona nel mondo tedesco e ladino da Salorno in su e, in parte, in quello italiano nella stessa provincia – fra gli italiani dell’Alto Adige il confine sconfina un po’, si fa sentire l’italianità meno nobile, per cui il sostegno all’arte verbale è subordinato a un rigido localismo e a una burocrazia tignosa, poiché l’artista è guardato con sospetto: non produce ricchezza e non porta consenso. Certo, anche le culture tedesca e ladina sono localistiche, ma ci sono spazi e denari a sufficienza per un magnatismo più lungimirante. C’è qualcosa del genere in Trentino? A me non risulta, ma se mi sbaglio sarò felice di vedermi smentito.
Le cose peggiorano ulteriormente, su entrambi i versanti, se dal settore pubblico si passa al privato. In Austria e Germania quelle entità da noi piuttosto esotiche chiamate “case delle letterature” o “della traduzione” sono spesso co-finanziate da attori pubblici e privati, gettito fiscale e fondazioni. In Trentino-Alto Adige, come ovunque in Italia, i privati sostengono più volentieri le arti figurative, svilendone tuttavia la qualità critica e riducendole così a una funzione meramente decorativa e simbolica. La letteratura invece non è considerata degna di sostegno (a meno che non si tratti di autori famosi, di “star”: allora i soldi per accoglierle, nel privato come nel pubblico, si trovano sempre – ma i soldi le star li hanno già; sono gli altri che, in democrazia, andrebbero sostenuti).
C’è però almeno una piccola eccezione: è il Vigilius, il design hotel a basso impatto ambientale realizzato sul Monte San Vigilio da Matteo Thun per l’imprenditore Ulrich Ladurner. Il Vigilius bandisce ogni anno il concorso letterario “Mountain stories”, dove vengono selezionati racconti in tre lingue (italiano, tedesco, inglese) da pubblicare in volumi poi messi a disposizione dei clienti e diffusi fra gli “amici” dell’hotel. Il Vigilius non paga in denaro, ma in voucher, e invita poi i vincitori alle sue “giornate letterarie”: è già qualcosa. In passato vi hanno partecipato, accanto a scrittori meno noti o aspiranti tali, alcune penne eccellenti della nostra regione come Joseph Zoderer, Herbert Rosendorfer o Giacomo Sartori. Certo, anche qui si fa sentire un po’ la funzione decorativa in cui i sostenitori privati tendono a confinare le arti. Ma rimane uno spazio vivo, che se messo in contatto con la dimensione pubblica della letteratura potrebbe dare frutti ulteriori.