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Il Sociale era casa sua, l'eroe di una passione: il teatro piange Giorgio Vianini con una nostalgia che crescerà a ogni apertura di sipario

DAL BLOG
Di Carmine Ragozzino - 28 novembre 2024

Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino

C’era Leo. Senza di lui il teatro di Ferrara sarebbe stato altro. C’era Mariolino, che di un teatrino in provincia di Cremona, Castelleone, era l’indiscusso padrone. E poi c’era Paolo, che del teatro di Piacenza – tempio di lirica – era l’acuto. Nomi a caso tra quelle tante persone capaci di un'impagabile indispensabilità "fuori scena" che se non ci fosse il loro impegno la scena, in teatro, sarebbe più povera di umanità, di capacità, di appassionato servizio. A Trento c’era Giorgio, il Vianini.

 

Da oggi Giorgio non c’è più: se l’è portato via una malattia che è riuscita a fiaccargli tutto meno che la voglia di essere sé stesso fin quasi all’ultimo respiro. 

 

Giorgio Vianini e il teatro Sociale erano - sono - un tutt’uno. Lui, il Vianini, era (e sarà) parte di quel luogo dove chi recita una parte non lo ha mai visto in disparte. Presenza discreta, ma presenza: e che presenza. Ecco, chi non annaspa quando c’è da ricordare generalmente se la cava con quel riferimento alla “colonna” che riassume, dà l’idea ma nel caso di Giorgio forse non è abbastanza.

 

Sì, è ovvio: con una vita passata dietro, davanti, di lato, negli scantinati e nel solaio del Sociale, a Vianini si addice pure il termine di colonna

 

Ma una colonna è statica mentre Giorgio era fin quasi esageratamente dinamico senza tuttavia darlo a vedere nel suo incidere un poco dinoccolato e nel suo parlare senza quasi mai straparlare di quel che conosceva – al Sociale – come nessun altro. 

 

Giorgio - così almeno lo descrivono le lacrime di chi oggi lo piange con una nostalgia che crescerà ad ogni apertura di sipario – era l’operatività pignola fatta a persona. C’è un problema al Sociale? C’è Giorgio. Non c’è un problema al Sociale – (e si calcoli che in un teatro i problemi non sono mai pochi) c’è ancora Giorgio. C’è Giorgio che mette le mani avanti, che fa e che raccomanda, sforzandosi di non prevaricare alcuno con la sua aria paciosa ma al tempo decisa ed efficace. Da caterpillar, con la barba e con più anni di quelli che mostrava.

 

Un previdente il Vianini. Un “previdente” – prezioso previdente - che al teatro Sociale era il custode vero anche senza averne il ruolo. Custode comunque: custode di un amore e di una disponibilità totalizzati per un luogo, la sua storia, la sua funzione di socialità e di civiltà. Amore (e silenzioso, quotidiano, ringraziamento) per un privilegio prima ancora che per un mestiere quello di Giorgio Vianini: il suo dichiarato privilegio è stato quello di stare per decenni a contatto con l’arte, con quelli che l’arte la fanno e con quelli che l’arte la praticano da una platea o da un palco.

 

Giorgio era il factotum diventato via via, negli anni. Un monumento. Sì, un monumento, perché punto di riferimento è una definizione che va stretta ad un personaggio che anche sul finire della vita si è preoccupato di raccomandarsi che tutto nel “suo” teatro fosse come doveva essere : i tavoli nel fojer dove mettere in bell’ordine il materiale promozionale, i manifesti attaccati ai muri nel modo giusto, le “cose a posto” nelle quinte, nei camerini, eccetera.

 

Questo – ci hanno spiegato – era Giorgio. E davvero non c’è da stupirsi se è vero che pur avendo casa, moglie e figlia e cani per i quali stravedere, il Vianini abitava il Sociale anche quando non c’era. Non è dunque un caso che al Centro Santa Chiara si siano scervellati per fare in modo che Giorgio potesse restare al Teatro Sociale anche da pensionato. Il modo l’hanno trovato con il conio del “primo volontario” del Teatro Sociale.

 

Un escamotage da applauso che ha permesso a Giorgio di essere ancora lì a fare il Giorgio, ricompensato da una stima ed un rispetto che ha accomunato attori, tecnici, addetti alle compagnie, maschere, cassiere e via elencando: il personale del Centro Santa Chiara e tutti quelli che al Sociale hanno portato vita. 

 

La buttassimo sugli aneddoti si finirebbe nell’enciclopedia. Eppure c’è da giurare che non pochi nomi famosi nell’universo che ha calcato il palco del Sociale avranno per Giorgio una parola d’affetto, resuscitando il caldo fumante di una cioccolata procurata di corsa ad un’attrice o la soluzione di un problema improvviso che poteva sembrare una montagna fin quando la calma di Vianini non la riduceva ad un dosso. 

 

Va così con gli eroi di una passione. Va così per chi – come Giorgio – considerava una fortuna irrinunciabile la possibilità di conoscere, scoprire pregi e difetti della notorietà semplicemente “mettendosi a disposizione” senza accenni di retromarcia. 

 

Quel suo mettersi a disposizione per Giorgio Vianini è stato un mantra senza alcun filosofeggiare. Solo “facendo”. E così che è stato – per una vita – anche a disposizione delle Feste Vigiliane che aveva nel cuore e nei vestiti inzuppati. Sì, perché Giorgio Vianini è stato il più orgoglioso e longevo dei “toncati”, l’uomo in ammollo (per decenni) al posto di politici e quaquaraquà vari condannati (per finta) dal tribunale delle malefatte trentine che sta al centro dell’annuale festa cittadina. Per Giorgio anche il bagno da controfigura è stato un mestiere che non s’è voluto negare (o annegare?) anche nell’ultima edizione con la salute in pesante affanno.

 

Che dirgli? No, non puoi? Stai attento, non rischiare? Ma sì, glielo avranno detto tutti, magari scongiurandolo pure. Ma sapendo di parlare a sé stessi, non certo a Giorgio. Perché Giorgio era “a disposizione”. Sempre. E nonostante.

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