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''Boxeur'' ti conquista mentre Detassis si sdoppia in mille ruoli e il Teatro Capovolto si trasforma quasi in sala cinematografica

DAL BLOG
Di Barbara Mastronardi - 10 agosto 2024

 Ribelle quanto basta amo gli animali e in particolare i gatti. Inseguo sempre i miei sogni come quello di scrivere e da sempre racconto storie spesso e volentieri di mici e micie.

Singolare. Lo definirei così. È una sensazione curiosa, ha un fascino sottile. Assistere in una notte stellata ad uno spettacolo "alla rovescia", sedersi dietro al palcoscenico del Teatro Sociale, ti fa sentire come spettatore di un mondo parallelo. E lì, si lasciano andare le vicissitudini della giornata appena trascorsa. E fluiscono i pensieri. E ci si abbandona alle proprie sensazioni. E si è fortunati quando, come in questo caso, le emozioni sono profonde.

 

Una presenza scenica potente. Senza dubbio alcuno. Stefano Pietro Detassis, classe 1981, dà vita a "Boxeur", sotto la caleidoscopica regia di Mara Pettoruso, attrice, regista e drammaturga, figura di spicco nella realtà teatrale trentina e non, entrambi membri della Compagnia Pequod, fondata nel 2020, che comprende anche l'attrice Maria Vittoria Barrella la costumista Valentina Basiliana e Elisa Galter, l'organizzatrice. Lo spettacolo, frutto di una collaborazione con lo storico Lorenzo Vicentini, sarà replicato il 27 settembre a Pergine, poi a ottobre a Milano e Catania, poi di nuovo in Trentino, in Veneto e in Emilia.

 

Come un gioco di specchi, unico protagonista, grazie al quale la vicenda prende vita, Detassis si sdoppia, cambiando come un giocoliere i ruoli fra loro diversi e nello stesso tempo paralleli nella vicenda. La musica, sapientemente scelta, accompagna il suo trasformismo e si fonde con la voce profonda che passa dal narratore ai protagonisti e viceversa. Uno spettacolo in cui la boxe diventa per magia la metafora della vita, del coraggio, della determinazione.

E anche dei sogni. Essenzialmente dei sogni. Una parte importante della storia dell'umanità avvolge gli spettatori che davvero si sentono li, come se una macchina del tempo ce li avesse trasportati, in una sorta di incantesimo.

 

Le luci, il movimento, i pochi, ma salienti elementi scenografici, i costumi, basici ma terribilmente eloquenti nella loro essenzialità, ti trasportano, soprattutto per la potenza attoriale del protagonista, in questa strana atmosfera. Gli stessi colori dei costumi rispecchiano gli stati d'animo dei personaggi. Il rosso soprattutto, da sempre il colore che esprime la forza e la passione dei sentimenti. E vivi con lui, soffri con lui, ridi con lui, piangi con lui, essenzialmente tuo malgrado. Non te ne accorgi neanche, perché è come se fossi sul palcoscenico.

 

E tutto ti passa davanti con un'impronta dal taglio quasi cinematografico, mentre ti dimentichi che lì c'è una persona sola. Non ci fai più caso. Perché, per te, lì non c'è solo lui. C'è un’intera storia di vite vissute. Di amore, di sofferenza, di crudeltà, ma di tanta tanta forza di volontà. Si passa dall'ironia leggera e pungente come un vento primaverile, alla profondità del dolore vissuto con lucidità, con la consapevolezza dell'ineluttabilità di taluni accadimenti. E tutto questo smuove l'anima. Ti scombussola. Ti commuove. Ed è, a parer mio, l'essenziale.

 

"L'uomo che non ha immaginazione non ha ali"

MUHAMMAD ALI.

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