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La zona d'interesse: il suono è immagine. Nel film la paura si percepisce e affronta temi attuali

DAL BLOG
Di Alda Baglioni - 29 febbraio 2024

Appassionata di arte e cinema con Chaplin nel cuore

Il suono è immagine. Udire, ascoltare, percepire. E' 'La zona d’interesse' del britannico Jonathan Glazer che ha scritto anche la sceneggiatura non originale.

 

Il film è tratto dal romanzo di Martin Amos e diventa, grazie alla musica di Mica Levi, un’immersione nell’Olocausto senza mostrare i deportati ed il campo di concentramento. Siamo ad Auschwitz nella casa del comandante del campo Rudolf Hoss, interpretato dal tedesco Christian Friedel. Una vita “normale” nella villa adiacente il lager, in cui la famiglia vive con cinque figli, la servitù e un cane.

 

La moglie, Hedwig, (Sandra Huller, molto apprezzata in "Anatomia di una caduta” di Justine Triet; qui ruba la scena a Friedel) è un’eccellente organizzatrice. La donna ha fatto costruire una grande serra ed un giardino ricco di fiori colorati, siepi che si appoggiano al muro confinante al lager.

 

Si susseguono gli invitati alle feste in giardino con piscina con mamme e bambini, rumori di felicità che arrivano anche al campo. Si festeggia con dolci e torte, mentre si fanno riunioni per organizzare al meglio le camere a gas.

 

Arriva pure la madre di lei, ma dopo pochi giorni se ne va. Quando Rodolf riferisce che sarà trasferito per lavoro la moglie si rifiuta di seguirlo, non lascerebbe mai la sua creatura, “la casa”, perfetta per far crescere i bambini. Il film si avvale di originali scelte stilistiche in grado di creare l’atmosfera tragica del periodo.

 

Prima di tutto il sonoro. Il sound design “spacca” curato da Tarn Willer e Johnny Burn. Gli attori poi, non vedono le telecamere di ripresa perché nascoste; è tutto vero, anche le pareti e la luce è naturale.

 

Come una piece teatrale. Le riprese sono senza la presenza della troupe (il controllo video è a distanza) per rafforzare l’obiettività. Lukas Zal, direttore della fotografia, ha montato 10 cineprese dentro e intorno la casa, accese in contemporanea.

 

Il regista ha lavorato al progetto per dieci anni. Ha dovuto ottenere dei permessi speciali per girare proprio nei pressi del campo degli orrori. La villa è stata ricreata sulla base della vera abitazione. Scelte accurate per giungere a scene con la fotocamera termica, tecnica molto elaborata, quando si riprende la quattordicenne nel campo di concentramento.

 

Inquadrature fisse, campi e controcampi, carrellate fra le stanze dove il cane corre senza sosta. Dice il regista "Ci sono due tracce. Una è il film che senti, una è il film che vedi...". Verso la verità. Anche se sappiamo tutto del comandante

Hoss e l’orrore dell’Olocausto è stato ripreso innumerevoli volte.

 

In questo film la paura che si percepisce, specialmente nel finale, diventa attuale. La Polonia in estate, la storia di Hansel e Gretel raccontata da Hoss alle figlie per addormentarle. Una quotidianità che è attuale. Il cerchio si apre alla nostra coscienza. Alla memoria che vive in noi. Il film è candidato a cinque Premi Oscar.

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